Andrea Stramaccioni riparte dall’Udinese. Cioè da dove aveva chiuso la sua parentesi sulla panchina dell’Inter. Sconfitta, rovinosamente, 5-2 proprio dai friulani il 19 maggio 2013. Ma non fu quella partita a determinare la mancata riconferma, racconta oggi l’allenatore romano a La Gazzetta dello Sport:
Il venerdì dopo Inter-Lazio incontrai Moratti. Mi comunicò che doveva vendere l’Inter. Lì capii che ero finito anch’io. Faticava a parlare. Non per me. Per lui: l’Inter è la sua vita.
A proposito di quella annata, finita con ben 16 sconfitte e il nono posto in classifica, Strama ricorda che “mi è toccato contare anche 16 infortunati per una sola partita”. E comunque “fino a gennaio tutti remavano nella stessa direzione. Dopo, per il terremoto in arrivo, si è persa l’unità d’intenti”. Ribadito che “l’Inter resterà sempre in un angolo prezioso del mio cuore”, il tecnico si è detto pronto per l’avvio della nuova stagione alla guida dell’Udinese dove, “per la prima volta, ho un’équipe di lavoro mia”. Esordio in casa contro l’Empoli, poi subito la Juventus in trasferta.
Intanto Strama dice di puntare su Muriel “un attaccante da top club”, il cui “unico limite è se stesso” e spiega perché Scuffet non sarà titolare (il numero 1 sarà Kanezis):
La società ha studiato un programma di crescita graduale per evitare di bruciare un grande talento. Simone ha capito che è per il suo bene. Anche Buffon, dopo l’esordio boom nel Parma, nel torneo successivo tornò alle spalle di Bucci. Mi sono confrontato anche con Conte e ci siamo trovati in sintonia. Infatti Simone è stato convocato nell’Under 19 per farlo crescere gradualmente anche in azzurro.
Stramaccioni ha parlato anche dei rapporti instaurati con colleghi ed ex calciatori. Se con Guardiola “di recente ci siamo
scambiati consigli per gli acquisti”, con Stankovic, voluto come vice ad Udine, il rapporto è ancor più consolidato:
Il nostro rapporto forte è nato dopo Parma-Inter. Lo tolsi, eravamo in svantaggio. Il guerriero voleva restare in battaglia. S’infuriò. Il giorno dopo però venne a dirmi: “Mister, avevi ragione tu. Mi opero al tendine”. Ci siamo abbracciati. Il secondo infortunio, dopo Catania, è stato determinante: persi un uomo in spogliatoio. La sera che lo chiamai per dirgli dell’Udinese non mi lasciò finire: “Io ci sto”. Eravamo una coppia. La mattina dopo era già a Udine.
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